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Nel lager di Auschwitz

Il sacrificio di Kolbe non è stato un atto di eroismo – una tantum – quasi un colpo di testa per farla finita ma il frutto di una escalation di atti e gesti che da giornalista e missionario prima e da carcerato e deportato poi l’hanno portato ad un culmine di carità totale. 
Come  visse egli  nel lager e nel bunker ? 
Ecco le testimonianze verbalizzate nel processo di canonizzazione.


- “ Ordinarono a me e a un altro prigioniero di prelevare i corpi e portarli al forno crematorio. Non avevo mai toccato un cadavere: ora ero di fronte ad un giovane, completamente nudo, con il ventre...Non riuscii a fare un passo verso lui. La guardia cominciò a urlarmi, ma una voce calma mi disse:<<Portiamo,fratello!>>Per un attimo pensai di conoscere quella voce.
Pieno di ripugnanza, presi in qualche modo quel corpo per le gambe e  il mio compagno per le spalle...Ero sconvolto per continuare, le braccia mi cedevano...Improvvisamente alle mie spalle sentii la voce  calma e commossa del mio compagno:<<Santa Maria...prega per noi>>Nelle mie deboli membra passò come una corrente elettrica e mi sentii improvvisamente tornare il vigore. Non appena oltrepassammo la soglia del forno, udii la sua voce dire:<
!>> e un attimo dopo aggiunse:<!>> Chi era? era il francescano Kolbe.
                                                           [Giuseppe Stemler,del Dipartimento Pubblica Istruzione]
 

- “Aveva una fede eroica in Dio e vedeva il Suo intervento in ogni cosa. Se un prigioniero stava per morire, diceva:<
>...A lui devo il fatto di essere ancora vivo, di aver tenuto duro e di aver vissuto per essere liberato. Ero sull’orlo della disperazione. I Kapo in quei giorni non facevano che bastonarmi sul lavoro. Decisi di farla finita e di buttarmi sui reticolati dove c’era l’alta tensione. Lo stavo per fare ma mi acchiapparono e mi buttarono indietro inveendo su di me a colpi di bastone. Padre Kolbe ,quando lo seppe, venne a cercarmi, mi ridiede la calma e riuscì a persuadermi, così bene che non pensai più al suicidio.
          Ricordo poi la volta che diede tutta la razione di zuppa ad un giovane prigioniero; gli disse:<<Prendila e mangia. Tu sei più giovane e almeno tu devi vivere>>.Anche un’altra volta voleva fare lo stesso ma noi glielo proibimmo. Io lo chiamo l’Apostolo di Auschwitz perché trascorreva ogni momento libero aiutandoci con preghiere e colloqui, raccogliendo più persone possibile attorno a sé.”
                                                                                                  [Alessandro Dziuba, sarto]
 

- “Io stabilivo chi doveva essere portato in ospedale. Ogni giorno vedevo quelle povere creature che affollavano l’infermeria e ognuno spingeva e si sforzava di salvare la propria vita. Un prigioniero che non spingeva mai attirò la mia attenzione. Aspettava fino a che anche 200-500 e un giorno perfino 1000 prigionieri non erano entrati. Lo chiamai. Aveva la febbre e soffriva a causa dei polmoni. Gli dissi:<<Sarebbe meglio se tu andassi all’ospedale>>.Mi interruppe:<<Prendi quello là>>disse,puntando il dito verso un altro uomo. Così gli diedi almeno delle medicine.
                                                                                            [Rodolfo Diem,dottore e prigioniero]
 

- “Non vi abbattete moralmente- ci pregava, assicurandoci che la giustizia di Dio esiste e che avrebbe alla fine sconfitto i nazisti. Ascoltandolo dimenticavamo per un po' la fame e il degrado a cui eravamo sottoposti. Ci faceva vedere che le nostre anime non erano morte, che la nostra dignità di cattolici e di polacchi non era distrutta. Sollevati nello spirito, tornavamo nei nostri Blocchi ripetendo le sue parole.”
                                                                                             [Miecislao Koscielniak, artista]
 

- “Insisteva nel dire che Dio è buono e misericordioso. Avrebbe voluto convertire l’intero campo dei nazisti. E non solo pregava per loro, ma esortava noi a pregare per la loro conversione.”
                                                                                              [Enrico Sienkiewicz]